top of page
Cerca
  • Immagine del redattoreAle Mazzarello

Allenatore o Coach? Due concetti differenti. Socrate e Aristotele ci aiutano a capire i perchè.

Aggiornamento: 4 set 2020


In questi anni di studio e di conseguente costante e continuo cambiamento, non solo come allenatore, ma come persona inevitabilmente (devo dire grazie a Mister Francesco D'Arrigo che mi propose di collaborare alla creazione e alla gestione del Gruppo "Allenatori Ispiratori", divenuto oggi un indiscusso ed indiscutibile punto di riferimento per chi vede il gioco del calcio da una diversa prospettiva), mi sono poste molte domande.

Ultimamente, alla luce di alcuni articoli degli amici e colleghi Pasquale Palermo e Claudio Albertini anche sulla differenza tra allenatore e coach. Allora, per darmi una risposta, mi sono messo a fare una ricerca.

Altri sport, soprattutto il basket NBA o il Football americano non chiamano l'allenatore "trainer", che sarebbe la corretta traduzione semantica del sostantivo allenatore, ma lo chiamano Coach.

Mi sono chiesto se fosse solo una mera questione linguistica o se ci fosse altro.

“Coach” come sostantivo in inglese significa allenatore, ma anche carrozza/vettura, richiamando quindi contemporaneamente diversi aspetti: sia quello più strettamente riferito all’allenamento, sia invece quello di viaggio, percorso e accompagnamento da un luogo di partenza ad un altro di arrivo.

Le origini del Coaching possono essere ritrovate addirittura nell’antica Grecia, ad Atene nella figura del filosofo Socrate. Una delle sue affermazioni più famose fu “So di non sapere” (concetto alla base della “docta ignorantia”) che formulò in un momento terribile della sua esistenza, ovvero prima della sua condanna a morte. Socrate interrogava gli altri con delle domande, dialogando con essi e stimolando i suoi interlocutori, senza mai fornire però risposte preconfezionate. Egli affermava “..da me non hanno mai imparato nulla, ma sono loro, che, da se stessi, scoprono e generano molte belle cose”.

Questa è la vera base della “maieutica” socratica ovvero “l’arte che mette in grado l’allievo tramite il dialogo di acquisire progressiva consapevolezza della verità che è dentro di lui”(dal vocabolario Zingarelli della lingua italiana). Il maestro in questo modo diventa in realtà il primo discepolo del suo allievo: avviene quindi un vero e proprio ribaltamento del rapporto. Il modo di relazionarsi di Socrate con i suoi discepoli era davvero rivoluzionario, aiutava gli altri a tirare fuori la loro verità, come in una sorta di “parto”!

Possiamo arrivare a sostenere che il maestro impara dall'allievo.

Seguendo questo percorso, questo ragionamento giungo quindi ad accostare la figura di Socrate a quella di un Coach professionista: egli accompagnava, stimolava con le domande efficaci le persone a trovare la propria strada, la propria verità, le proprie risposte e risorse interne, in un viaggio di scoperta, che inevitabilmente portava con sé anche una nuova, profonda consapevolezza.

Non diciamo, ormai da anni, dalla creazione del Gruppo Allenatori Ispiratori che quello che noi chiamiamo comunemente allenatore deve accompagnare il giocatore alla scoperta del gioco stesso?

Il coach dovrà avere quindi una visione prospettica, andrà quindi oltre gli aspetti condizionali, tattici e tecnici per agevolare il giocatore a trovare la conoscenza profonda del gioco, passando, inevitabilmente, attraverso il suo iniziale smarrimento.

A questo punto devo fare un passo indietro di molti secoli e arrivare ad Aristotele.

In molti vi chiederete cosa abbia a che fare Aristotele con allenatore o coach.

Senza saperlo invece ancora una volta sarà la filosofia a darci quelle risposte necessarie a proseguire il nostro cammino di crescita. La nostra continua e costante evoluzione.

Non siamo ancora farfalla, forse non lo diventeremo mai, ma siamo un bellissimo bruco.

Aristotele si differenzia profondamente da Platone, in quanto la modalità formativa di Aristotele rimanda continuamente a quei dati ricavabili dall'esperienza concreta, che Platone tanto fermamente disdegnava a vantaggio del mondo delle idee, che sulla base del suo ferreo dualismo vedeva ben distinto dalla realtà materiale.

Per Aristotele nella natura vivente è possibile riscontrare contemporaneamente quel che ogni essere è concretamente (l'atto realizzato) e quello che può, aspira a essere (la potenza, vista come aspirazione, progetto, modello). La scienza e, più in generale, la realtà sono dati da un continuo movimento tra i due stati che si concretizza nella trasformazione, che si specifica grazie a quattro tipi di cause: materiali (collegate alla materia), effettive (ciò che caratterizza il cambiamento da uno stato passato a quello presente), formali (la forma che una determinata cosa assume) e finali (la tensione a raggiungere il modello finale).

Come strumento per l'apprendere Aristotele utilizza la logica, intesa come metodologia del ragionamento, metodo per organizzare e strutturare i pensieri in discorsi. La logica aristotelica si basa su quelle che il filosofo definisce come categorie (il punto di vista generale che permette di formare un quadro generale della realtà, sono la sostanza, la qualità, la quantità, la relazione, il dove, il quando, la disposizione, l'avere, il fare, il subire). Accanto alle categorie sono individuabili i concetti (che comprendono, al loro interno, più realtà accomunate da determinati aspetti) e il giudizio (dato dalla capacità di costruire in maniera corretta e veritiera una frase, attribuire quindi un predicato al soggetto rendendo esplicito un rapporto di comprensione o estensione tra concetti o individui). L'unione di più giudizi, che porta alla metodologia argomentativa propria della logica dà luogo al sillogismo, che abbiamo già trattato parlando del ragionamento

Oltre a occuparsi del ragionamento quale base dell'approccio alla comprensione del mondo, Aristotele, per primo, si occupò di altri argomenti collegati allo studio della mente, quali le sensazioni (da cui a suo parere ha origine tutta la vita psichica), la memoria (che permette di “fermare” la percezione), la fantasia (modalità di pensiero data dall'incontro della memoria e dell'intuizione) e le immagini mentali (senza le quali lo stesso pensiero non potrebbe esistere). A riassumere e contenere tutti questi procedimenti mentali, Aristotele pone il pensiero, che è caratteristica distintiva dell'uomo.

Lo scopo principale dell'educazione sarà dunque lo sviluppo della ragione.

Tutti questi elementi li vedo assolutamente e strettamente collegati al ruolo di un "allenatore", ma proprio per la loro importanza e apparente estraneità nel vedere un collegamento stretto con il ruolo, mi vedo portato a capire ancora meglio il coach.

Durante la mia ricerca trovo quindi questa definizione, che alla luce di quanto scritto sopra, mi appare appropriata: "L’allenatore dà soluzioni momentanee, risposte, consiglia in base alle proprie credenze, suggerisce, fa fare agli altri le cose secondo la sua mappa del mondo, secondo la sua esperienza e secondo le sue convinzioni, esperto nella materia tecnica ma poco in altre direzioni".

A differenza dell'allenatore il coach "è focalizzato sulle soluzioni e non sui problemi".

Una delle doti del coach è la credibilità e l’autorevolezza e questa non arriva perché si è bravi a parlare e si usano le parole giuste, la si acquisisce solo se si sa essere un esempio costante e se si riesce a portare i propri atleti a fare tutto ciò che gli è utile per raggiungere il successo.

Un bravo coach deve essere proiettato più avanti dei suoi atleti, mostrando orizzonti più vasti, alzando l’asticella sempre, stimolando l’atleta a superare i suoi limiti, facendogli capire la differenza tra quelli oggettivi e quelli soggettivi.

Mi ha colpito una frase che sento mia e vera: "Il COACH pensa in modo straordinario e fa capire che se altri ci sono riusciti, è possibile!"

Ancora una volta dobbiamo andare oltre il concetto di vittoria fine a se stessa: quando vinciamo la vita ci premia, quando perdiamo la vita ci insegna.

Ecco quindi che per essere coach illuminati e di conseguenza illuminanti servirà avere cultura, intesa come conoscenze che, solo in apparenza, non hanno nulla a che fare con il calcio.

Andando quindi a riassumere il molto detto potremmo dire che l’Allenatore dà soluzioni, risposte, crea dipendenza, consiglia, suggerisce, fa fare agli altri le cose secondo il suo punto di vista, la sua esperienza e le sue convinzioni. Toglie la responsabilità perché dice cosa fare e come farlo e talvolta rischia di inibire la fantasia e la creatività dell’atleta o della squadra.

Il Coach fa domande per capire lo stato d’animo dell’atleta o delle squadra ed orienta le persone a diventare leader di se stessi e non seguaci, stimola la ricerca delle risorse interiori ed a trovare la verità e la motivazione a livello più profondo. Si focalizza sulla soluzione, vedendo l’atleta e la squadra nella performance migliore, ed indica la strada. Il Coach stimola a lavorare sull’identità, la fiducia e l’auto immagine della persona, aiuta a cercare obiettivi ed a come raggiungerli. A volte le soluzioni sono molto più semplici di quello che pensiamo.

Un coach ti aiuta a riconoscere le tue doti, le tue capacità, il tuo talento e individuati in modo chiaro questi elementi ti aiuta a svilupparli, a farli crescere, ad arrivare a livelli di eccellenza.

Michelangelo ci disse che la statua era già dentro il blocco di marmo, lui doveva solo tirarla fuori. Ecco che il coach deve tirare fuori il giocatore, aiutandolo e supportandolo nel suo percorso.

L'allenatore , è un esperto, conosce l'attività, programma gli allenamenti con soluzioni preimpostate sulle sue convinzioni, che hanno radici profonde sulla pratica da lui sviluppata. Usa uno stile prescrittivo e direttivo. Fissa un suo obiettivo.

Il Coach opera più sulla sfera mentale, cognitiva ed emotiva. Il giocatore è il “centro” del suo progetto e la prestazione dello stesso passa, per forza di cose, attraverso un processo cognitivo e decisionale che ha come fattori determinanti quello emotivo e quello emozionale.

Credo che l'allenatore, oggi più che mai, alla luce dei molti studi, e dell'aver compreso come solo attraverso il gioco nel suo essere ludico e performante solo con giocatori capaci di leggerlo in corso di svolgimento e quindi essendo capaci di decisioni rapide, immediate ed efficaci, debba confluire all'interno del coach. Esserne assorbito come figura. La componente tattico-tecnica di un allenatore, essere parte del mondo decisamente più ampio del coach, che ha compreso quanto sia importante l'aspetto sociale, relazionale ed emotivo.


Ale Mazzarello


Credit:


-sapere.it

-incoaching

-championstouch


452 visualizzazioni1 commento

Post recenti

Mostra tutti
Post: Blog2_Post
bottom of page